Eutanasia. “Io, malato di SLA, voglio decidere quando morire”. L’intervista di Caterina Pasolini

di Caterina Pasolini

La Repubblica, 10 dicembre 2014

Intervista a Walter Piludu, ex presidente della provincia di Cagliari, affetto da tre anni da sindrome laterale amiotrofica.

“Chiedo alla politica di non dividersi, di avere pietas, tolleranza e coraggio etico. È la mia ultima battaglia”.

“Amo ancora faticosamente la vita, ma voglio essere io a decidere quando morire. Senza dover andare in Svizzera, lontano da chi mi vuol bene”. Un soffio di voce, così flebile che neppure lui riesce a sentirla, si confonde col rumore del respiratore meccanico che gli pompa aria nei polmoni da un tubo nel naso. Gli occhi si muovono come saette sul computer a comandi oculari per scrivere, per dare voce al suo coraggio e ai suoi pensieri veloci. Quello che chiama “il mio ultimo impegno pubblico”.

Walter Piludu, 64 anni, ex presidente della provincia di Cagliari, berlingueriano che disse no alla svolta di Occhetto, da tre anni è malato di Sla, la sindrome laterale amiotrofica che in pochi mesi ha imprigionato il suo corpo come una ragnatela di cemento paralizzandolo completamente. Come Piergiorgio Welby. Anche lui oggi è idealmente in prima fila, nel giorno in cui da Saviano a Neri Marcorè, da Susanna Camusso a Corrado Augias, personaggi della vita sociale, culturale e politica, chiedono ufficialmente al Parlamento di discutere la legge sul testamento biologico e sull’eutanasia. Presentata più di un anno fa e finita nel dimenticatoio.

Cosa chiede?

“Che la pietas cristiana incontri la tolleranza di Voltaire. Da ex politico, con ingenuità e passione chiedo alla politica, tutta, di non dividersi tra guelfi e ghibellini, ma di avere pietas, tolleranza e coraggio etico”.

Perché vuole l’eutanasia?

“Convinto che la vita sia unica, irripetibile vorrei che potesse essere vissuta senza essere avvertita come una insopportabile prigione”.

Ora per lei la vita è…

“Tenace, pur con enorme fatica continuo ad apprezzarla, a trovare un senso alle mie giornate grazie agli affetti familiari, agli amici, alle mie residue capacità intellettuali. Ma è dura. La sveglia è il momento più difficile per la fatica che mi aspetta”.

Giorni tutti uguali?

“Sono completamente immobilizzato, passo dal letto alla sedia a rotelle, con un tubo giorno e notte nel naso. Ogni volta che mangio e bevo rischio di soffocare e diventerò completamente muto. Quel giorno ho deciso, me ne andrò”.

Come farà?

“È questo il problema, rischio di stare troppo male per cercare di andare in Svizzera, dove l’eutanasia è legale, e poi non trovo giusto morire lontano dai miei cari. È ora che ci sia una legge sul fine vita anche in Italia, che si parli di testamento biologico, che ognuno possa indicare se vuole essere curato ad oltranza oppure no, che si parli di eutanasia”.

Altrimenti cosa accade?

“Senza una legge, io paralizzato, in quale altro modo potrò realizzare la mia volontà se non col rifiuto di acqua e cibo e quindi una lenta morte per sete e fame? Chiedo ai politici: trovate sia umano, pietoso costringere una persona e i suoi cari ad una prolungata e indicibile sofferenza?

Vivere è un diritto o un dovere?

“Vivere è un diritto verso se stessi, ma anche un dovere per le persone care. C’è un diritto inalienabile alla libertà e alla dignità che deve essere garantito alle persone. Anche quello di morire”.

Scelta di libertà, non di solitudine?

“Io non sono né solo né abbandonato. Vivo con un badante, ma ho una ex moglie con cui ho un rapporto intenso di straordinaria vicinanza e comprensione, ho una figlia adorabile, due amatissime anziane sorelle che mi assicurano la loro cura quotidiana, cena compresa. Sono fortunato, ma è insopportabile dover dipendere da terze persone per ogni più piccola e privata esigenza”.

Cosa dicono a casa della sua scelta?

“Sento attorno a me tanto affetto e tanta compassione. Mia figlia, i miei cari, vivono le mie scelte definitive con dolore, ma anche con rispetto. Naturalmente c’è anche la possibilità che al momento cruciale io possa cambiare idea ma questo non cambia la necessità di una legge sul fine vita”.

Ha mai chiesto a qualcuno di aiutarla concretamente a farla finita?

“Sì, ho chiesto la disponibilità ad aiutarmi al momento in cui avessi scelto”.

E nel frattempo?

“Faccio la mia ultima battaglia politica. Il tema della morte è molto serio, occorre rispetto per il legislatore a patto che non venga deviato in alibi e inerzia. Ma io spero ancora in un paese giusto e civile dove si possa decidere di morire senza soffrire”.