Walter Piludu scrive a Papa Francesco. La risposta di monsignor Becciu

Lettera a Papa Francesco

Caro Papa Francesco,

mi rivolgo a Lei, con semplicità, ma anche con tutto il profondo rispetto del mio cuore, altre forme più auliche, forse più consone – Santità, Eminenza – estranee al mio lessico di laico non credente, sarebbero state insincere.

Per brevità, rimando la presentazione di me stesso e del mio dramma alla lettera allegata che alcuni cari amici stanno cercando, per ora senza successo, di far pervenire agli otto leader politici destinatari ed ad almeno un giornale per la sua pubblicazione, lettera i cui contenuti sono la ragione vera del mio rivolgermi a Lei.

Mi rivolgo a Lei, Papa Francesco, perché fortemente colpito dalle parole pronunciate, straordinariamente efficaci nella loro semplicità, sul tema della sofferenza, in occasione dell’apertura dei lavori del Sinodo e perché più in generale impressionato dall’intensità della sua determinazione per il cambiamento della Chiesa, in direzione del superamento dei silenzi e per la piena supremazia dei valori etici improntati alla umana pietà e ad una concezione sobria della vita.

Mi rivolgo a Lei, Papa Francesco, perché improvvisamente ho avvertito il desiderio e l’ardita speranza di poter condividere con Lei, guida della più importante comunità spirituale del mondo, la mia dolente ed angosciata testimonianza di essere umano di fronte alle prospettive tragiche del proprio inevitabile destino, ma ancora orgogliosamente alla ricerca di un esito più dignitoso e sopportabile.

Io non so, Papa Francesco, se queste scarne righe, insieme alla lettera allegata, arriveranno mai alla sua attenzione.

Che questo avvenga oppure no, finché vivrò, da laico non credente, in assonante similitudine con l’indimenticabile “Papa buono”, nutrirò verso di Lei, Papa Francesco, “Papa uomo”, un sentimento profondo di rispetto e di vicinanza umana.

Con deferente e sincero affetto.

Cagliari, 10 ottobre 2014

Walter Piludu

 

Lettera di risposta di monsignor Angelo Becciu a nome del Papa

Dal Vaticano, 20 dicembre 2014

Gentile Sig. Walter,

Papa Francesco ha letto la sua commovente lettera e mi ha pregato di risponderLe, rivolgendomi a Lei con quel tono familiare, che, privo di superflui formalismi, Lei stesso ha usato, aprendogli il suo cuore.

Innanzitutto, il Papa mi ha incaricato di manifestarLe la sua particolare vicinanza davanti al suo straziante grido di dolore che scaturisce dalla lucida consapevolezza dei tremendi effetti causati dalla Sla, che l’ha colpita. Questa terribile malattia, lentamente, ma inesorabilmente, porta a far perdere completamente i sensi e a sentirsi come un inutile peso per l’umana società. Eppure, Lei scrive che, anche in questa tragica situazione e pur non avendo alcuna fede religiosa, riesce a dare ancora un senso alla sua esistenza.

L’affetto dei suoi cari, la bellezza delle vere amicizie che non si disperdono nell’ora della sofferenza, così come la vicinanza di tante persone a cui, mi risulta, ha donato insegnamenti ed esempi di squisita umanità penso che possano costituire il sollievo e il conforto umano più autentico e offrire un rinnovato attaccamento ai valori più genuini della vita, a cui anche Lei giustamente fa riferimento. È consolante sapere che sta vivendo la sua sofferenza del suo dolore non con un atteggiamento di adirata ribellione, ma come una “prova” della qualità della sua vita morale e del suo desiderio di compiere il bene fino alla fine. In questo, la sua esperienza – mi permetta di dirglielo – si rassomiglia a quella di Giobbe, il quale, proprio nel suo stato di massima angoscia e dolore si apre al colloquio con il suo Dio e Creatore e Gli dice: “Prima ti avevo conosciuto per sentito dire, ma ora i miei occhi ti contemplano” (Giobbe 42,5).

Da laico non credente, Lei si è richiamato alla supremazia dei valori etici. Sono proprio tali valori che permettono l’incontro autentico con noi stessi, con gli altri e con il mistero e rendono degna ogni vita. Davanti alla malattia e alla sofferenza, il cristiano ha poche parole da dire. Egli osa dirigersi a colui che per amore si è lasciato inchiodare sul legno della croce, luogo in cui egli ha sperimentato la massima umiliazione, l’estrema sofferenza fisica e il senso più profondo di solitudine. Nell’immenso dolore dell’uomo-Dio è racchiuso ogni dolore, anche il più assurdo di ogni essere umano: anche il suo.

Desidero, infine, rivolgere un pensiero affettuoso ai suoi cari, ai suoi amici e a tutti coloro che l’assistono, perché essi sono i veri samaritani che leniscono le ferite e restituiscono dignità all’umana esistenza.

Nel manifestarLe la mia personale vicinanza, La saluto cordialmente.

Ɨ Angelo Becciu